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qualche volta il nostro Pappataci non me la faccia rimpiangere. Quella mala bestia era una cuoca... una cuoca!... Ci siamo?... Quando voleva ottenere qualche cosa mi prendeva metaforicamente per la gola. Tornavo a casa. — La signora? — È in cucina. — La risposta della donna significava: — A desinare avrà una cosa delicata! — E, attendendo la cosa delicata, riflettevo: — Quanto mi costerà? Ci siamo? Cosa, realmente, da leccarsene le dita. Non resistevo, preso proprio per la gola! Ma la scontavo e come! Mi conforto pensando che la sconti anche... l’altro!

— Ci siamo?

Giuntini gli faceva il verso: e così bene, che spesso Martelli ripeteva sùbito: — Ci siamo? — quasi per riparare una dimenticanza.

Ricorderò sempre il viso stupefatto con cui egli entrò nella nostra saletta da pranzo una mattina, a colazione. Lui, che prima di sedersi deponeva il cappello e soprabito e si lavava le mani, prese posto così come era entrato, brontolando parole incomprensibili.

— Che ti è accaduto? — gli domandammo parecchi.

— L’inesorabile! L’assurdo! Ci siamo? Ci siamo?

Fummo maravigliati di sentirgli ripetere il suo ritornello: Non gli era mai accaduto fino allora.

— Insomma.... che cosa? — fece Gilletti.

— Ero andato a comprare dei fazzoletti di filo... Mezza dozzina, perchè la stiratrice.... Basta: ero intento a far la scelta e.... chi mi veggo allato? Mia moglie!... Proprio lei!... Ci siamo?... in carne e ossa!... Mi guarda e.... fa: — Buon giorno!... Stai bene; si vede!

Ero così sconvolto, col sangue tutto alla testa, col cuore che mi balzava! Ah! In certi momenti siamo proprio dei cretini!...

— Parla per tuo conto! — lo interruppi, sforzandomi di restar serio.