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Tutta la nottata non ruminò altro. E il giorno dopo, mentre i testimoni facevano le loro deposizioni, mentre gli Avvocati declamavano dinanzi ai Giurati dando colpi di pugno sui tavolini, egli tendeva l’orecchio, col capo rovesciato sulla spalliera della sedia a braccioli, gli occhi chiusi, terribilmente pallido nella toga nera; tendeva l’orecchio per afferrare da lontano una nota di quell’insolito cantare di sua moglie nell’assenza di lui:

— Perchè cantava, ella che non aveva cantato mai?...

E, in casa, gli occhi grigi gli si scurivano, perduti dietro questa ricerca, quasi avesse voluto trovarne la traccia su pei vecchi mobili, e nell’aria di quelle stanze, che doveano certamente saperne qualcosa.

Carmelina non gli badava, ingannata dall’apparenza, con la cieca temerità di chi non sa valutare il pericolo e con la fierezza di chi è deliberato, in ogni caso, a sfidarlo. Non voleva riflettere, non voleva ragionare. Il terrore dei primi giorni, quando le pareva che avrebbe visto sprofondarsi il pavimento sotto i piedi se la serva, inavvertitamente, avesse accennato al padrone che la signora era stata fuori; lo sbalordimento di quant’era accaduto quella mattina, senza che la sua volontà vi avesse concorso — anzi!... anzi!... — tutto era stato trascinato via dalla piena irrompente della passione, che diveniva più minacciosa di giorno in giorno.

Appena un mese dopo, ella rimproverava il suo amante:

— Come? Ora hai paura tu? E mi chiami imprudente?...

— Penso a le conseguenze; uno scandalo, forse un processo!...