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la pompa del rigoglio e la festa dei colori pei campi; si teneva stretta alla mano della mamma, guardava con gli occhi sbalorditi, senza godimento, senza voglia, e presto diceva:
— Babbo, torniamo a casa?
Come avrebbe voluto dirgli Carmelina, se non avesse avuto paura di destar sospetti.
⁂
Nella casa di Palermo la solitudine era più grande. Mettendo per la prima volta il piede in quelle stanze vaste, dalle volte che si sprofondavano nell’ombra, dagli usci dipinti a grandi fiorami sormontati da paesaggi anneriti dal tempo, dal pavimento di mattoni di Valenza che agghiacciava le piante dei piedi, dalle pareti sbiadite e ornate di specchi in immense cornici dorate che si accartocciavano baroccamente, Carmelina s’era sentita mancare il respiro.
— Tutta questa decrepitezza, tenuta ritta, non si sa come, l’ha cercata apposta, per farmi invecchiare più presto?
Vi s’era però facilmente abituata, e non v’invecchiava più che altrove.
Gli anni, la vita inerte le avevano anzi un po’ arrotondato il corpo; e la pelle bruna, sbiadita all’ombra, dava gran risalto agli occhi neri e ai capelli nerissimi. Guardandosi nei grandi specchi lievemente appannati, che la riflettevano intera, quasi dentro una nebbia sottile, se ne maravigliava:
— No, non sono invecchiata!
E un baleno di civetteria femminile le passava sul volto.
Il tempo e l’abitudine mutavano la sua tristezza in tale sentimento di riposo e di pace, ch’ella non