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nio, la vista d’un bambino la faceva palpitare di commozione; inconsapevole commozione, come per uno spettacolo di bellezza e di innocenza.

— Sì, qualcosa dev’essersi rattrappito dentro di me; il cuore, certamente!

All’opposto, suo marito cominciava a provare una irritazione per questa resistenza passiva:

— Neanche la maternità la lega a me!

E si mise a sorvegliarla più inquieto, provocandola con qualche parola un po’ dura, adombrandosi di tutto, senza nasconderglielo come aveva fatto fino allora.

— Che motivo avete? — ella rispondeva tranquillamente.

— Sei ingrata. Donna senza cuore!

A questi rimproveri amari, restava muta e impassibile.

Da qualche tempo in qua, stando in casa, egli si chiudeva nella stanza da studio, fra libri legali e processi. E non la sentenza l’occupava, non i processi ammonticchiati sul tavolino dentro le polverose copertine rosse e azzurre, legati in fascio. Sprofondato nella poltrona coi gomiti appuntati su un libro aperto a caso, la testa fra le mani scarne, pensava a colei che non lo amava, a colei ch’egli amava sempre più, disperatamente, per quegli occhi neri e grandi, per quella fresca carnagione bruna, che il lieve pallore rendeva più bella, per quel corpo delicato e perfetto, e che non vibrava mai sotto la furia dei suoi baci, tra le strette di quei suoi abbracci da cui sarebbe stata animata fino una statua!

— Ah! Chi sa quali fantasmi le passano per la testa? Chi sa quali visioni agitano quel cuore, che il seno piccolo e bianco nasconde ai miei sguardi? Come sono infelice! Come sono infelice!...