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Avevo in mano una lettera che non mi permetteva più di dubitare della mia disgrazia. Sapevo non solamente che mia moglie mi tradiva, ma anche con chi mi tradiva. E il cambio, veramente, non faceva onore al suo gusto: qui stava il peggio.

— Vuol dire che tu eri superiore al suo.... come si dice.... ideale.

Bossi aveva l’intercalare di quel: come si dice.

— Ciò non consola, fa rabbia piuttosto — continuò Bozzani. — Mi turbinavano in mente i più feroci propositi di vendetta. Li esaminavo, li studiavo, uno per uno. — Ammazzarli! A colpi di rivoltella, come due cani! Non li avrei pagati un centesimo! — Ma fu appunto questo che mi distolse dal farlo. Proprio in quei giorni era stato discusso alle Assise il caso di un marito, che aveva fatto strage della moglie e dell’amante sorpresi in casa col solito tranello di un viaggio improvviso. Era stato arrestato e, dopo sei mesi di prigionia, veniva assolto. Prima; tutti ignoravano la sua sventura; ora i giornali ne erano pieni. Ecco il bel guadagno! Gli uccisi, se nell’altro mondo ci si ricorda di questo, dovevano ridere di lui!

Quell’assoluzione mi faceva rabbia. Come? Abbiamo abolito la pena di morte in una parte del Codice e la manteniamo vigliaccamente, a poche pagine di distanza, in un’altra? Ma sì, ma sì! Questo significa l’assoluzione dei mariti uccisori; si concede ad essi un diritto, che è stato tolto alla Giustizia. Hanno forse paura i signori Giurati, che un giorno capiti anche a loro quel che è capitato a colui che siede nella gabbia, là di faccia e pensano: — Siamo indulgenti: assolviamo, come vorremmo essere assolti trovandoci nello stesso caso di questo disgraziato? — C’è da supporlo, dopo certe inesplicabili assoluzioni. La provocazione? Va bene! La passione? Va benissimo! Il