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E per i più begli occhi del mondo rinunciò alla corona.

Fata Ragno però non aveva pensato d’indicargli l’albero il cui frutto raddrizzava le gambe. E gli aveva detto: — Addio, non ci rivedremo più!

— Dove rintracciarla?

Coltivando fiori e piante, il Reuccio spesso la invocava:

— Ah fata Ragno, fata Ragno! Vi siete scordata di me!

Ma una mattina, il Reuccio guarda in un cantuccio di aiuola e vede prodursi un portento. Da una zolla nuda spuntavano due foglioline e poi un gambo e altre foglie, su, su; e il gambo si rafforzava, diventava tronco; e i rami si distendevano, e tra le fronde tanti bei fiori rossi che cascavano e lasciavano scorgere frutti piccoli come bacche che, sotto gli occhi maravigliati del Reuccio, si ingrossavano, prima verdi, poi gialli di un colore d’oro scuro, e maturavano in pochi istanti... E tra i rami, luccicavano al sole i fili di argento di un largo ragnatelo; e nel centro armeggiava