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pane e cacio | 421 |
là ancora intatti. Noi abbiamo fatto buona guardia giorno e notte! —
Il Re rimase di sasso! Chi sa quanti altri guai sarebbero piombati su la famiglia e sul regno tutto! E invece di prendersela con se stesso, se la prendeva con le Principessine, quasi la colpa fosse stata di loro.
— Maestà, voglio Pane! Maestà, voglio Cacio!
Ne contraffaceva i sospiri e il tono della voce di quando erano malate, e aggiungeva gesti di minaccia. Sembrava ammattito.
In quei giorni arrivavano gli ambasciatori di un Re di paesi lontani e chiedevano udienza. Quando cominciarono a parlare nessuno li capiva: il Re e i Ministri meno degli altri. E tra le stranissime parole che quegli urlavano, irritati di non vedersi capiti, erano ripetute con più frequenza nepa e cioca: anzi ogni volta che le pronunziavano, tutti gli ambasciatori facevano un profondo inchino fino a terra.
C’era da disperarsi. Gli ambasciatori