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400 | luigi capuana |
le monete sparse per terra, fecero due belle riverenze, e andarono via.
Erano proprio Pane e Cacio; non quistionavano mai. Quel che voleva l’uno voleva pure l’altro. Si erano rimpannucciati, avevano un gruzzoletto da parte, che portavano addosso un giorno per uno nella tasca interna della giacchetta e non dormivano più a cielo aperto, come prima. Avevano affittato una cameretta in casa di una povera donna, con un solo lettino, e la sera, avanti di coricarsi, passavano in rassegna il guadagno della giornata.
— Pane, tu sei un principe!
— Cacio, tu sei un barone! —
Ripetevano ogni sera questa facezia, e ridevano. Facevano tutt’un sonno fino alla mattina dopo.
Trascorsa un’altra settimana, si presentarono, al solito, davanti al palazzo del Re. Pane stava per cavar di tasca lo zufolo, quando si accostò una guardia.
— Ordine di Sua Maestà, salite a sonare nelle stanze reali. —