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— Ah, quelle mani! Le più piccole e le più belle mani del mondo!

— Che vorreste farvene, Reuccio?

— Voglio sposare chi le possiede!

— Vorreste sposare Carbonella?

— Non è lei, Maestà. Vi fate beffa di me?

— Non c’è dubbio — disse il Re. — Qui si tratta di malia. —

Carbonella, in fondo al carcere, non si lamentava, non piangeva. Di tratto in tratto solamente si metteva a chiamare:

— Fortuna, Fortuna! Se tu passassi da queste parti! —

La Fortuna doveva esser troppo lontana, se non accorreva alla chiamata di lei.

Il Re, tre, quattro volte al giorno, se la faceva condurre.

Carbonella, hai riflettuto? Vuoi disfare la malia?

— Ma che malia, Maestà? La trista malia è la disgrazia che mi perseguita.

— Hai tempo un altro giorno. Rifletti bene, Carbonella.

E Carbonella, tornata nella buia stanzuccia della sua prigione, non si lamen-