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Queste ultime parole erano quelle che la cèchina non ricordava più? Il povero giardiniere rimase. Gli pareva di sognare, gli pareva di sentirsi portar via il cervello da un colpo di pazzia. E non sapeva che cosa dovesse fare: se dirgli: — Tu non sei un contadino, sei quel signore venuto qui con la carrozza a quattro cavalli con le sonagliere! La canzone lo cantava chiaro: — Colui che non sa l’arte! — E con lui era dunque venuta la buona sorte per la cèchina?

— Se parlo, forse guasto — rifletté.

E tornò addietro, dalla figliola che ancora piangeva:

— Ecco un bel mazzo di fiori. Sono del giardino del Re.

La cèchina lo tastò, lo brancicò e poi strappàtolo fiore per fiore, lo buttò per terra:

— Quel fiore non c’è!

Il fiore che dava la vista non lo avevano neppure nel giardino reale! E il giardiniere si era lusingato che potesse trovarsi, per caso, tra quelli del mazzo.