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— Perché piangi, figliola mia?
— È venuto uno a beffarmi. Ha picchiato tre volte all’uscio, e alla mia domanda: "Chi siete? Chi cercate?" ha risposto: "Cerco il più bel paio d’occhi del mondo". Ed io sono cèca!
— Non angustiarti, figliola!
— Chi canta nel giardino?
— Il garzone che ho preso poco fa.
— È allegro, a quel che pare!
— Chi lavora cantando sente meno la fatica. Se ti dà fastidio, lo faccio tacere.
— Anzi; ha una bella voce.
Ma non appena la cèchina, cessato di piangere, si mise a cantare anche lei la solita nenia, quell’altro tacque. Il giardiniere lo trovò intento ad ascoltare.
— Così tu lavori?
— Questo lamento mi stronca le braccia!
— Devi abituarti ad udirlo: è la cèchina, mia figlia, che canta, se tu non lo sai.
— Come si fa ad abituarsi? Spezza il cuore.