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su la punta dei piedi. E ripeteva rivolto al compagni:

— Dobbiamo prenderli vivi! Dobbiamo prenderli vivi! Come fare? Si diedero ad abbattere con le accette rami di alberi, li legarono in modo da costruire una rozza ma solida scala; e, quando fu pronta, il Reuccio vi montò su e prese a uno a uno i draghettini. Erano quattro, molli, quasi viscidi, con sul dorso un accenno di ali simili a pinne di pesce, poco più grossi di un grosso ramarro. E rizzavano le teste e spalancavano le bocche, affamati.

Il Reuccio disse:

— Il drago e la draghessa certamente recavano da mangiare ai piccini.

Infatti, aperto il gozzo di essi, vi trovarono il cibo, e il Reuccio ingozzò pazientemente i draghetti, finché non riapersero più le bocche. Da lì a poco, piegavano le teste, si acchiocciolavano, ed erano belli e addormentati.

Il Reuccio stimò inutile di prolungare più la caccia. Lasciarono là a imputridire il drago e la draghessa, e coi draghetti