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seghe, pennati, roncole; li trascinava qua e là, né si sapeva mai dove li lasciasse.
— Ah, Primpellino, Primpellino! Tu sei la disperazione di babbo e mamma.
Ma, nello stesso tempo, egli era buono, servizievole, sollecito se gli si chiedeva di fare qualcosa. Andava e veniva, così celermente, che certe volte babbo e mamma stentavano a credere che egli avesse eseguito l’incarico dàtogli.
Non occorreva d’insegnargli, sapeva già fare ogni cosa.
La donna impastava il pane e lo metteva a lievitare; intanto si allontanava di casa per qualche faccenda. Al ritorno:
— Ah, Primpellino, che hai fatto!
Il pane era già bell’e sfornato, caldo, di perfetta cottura.
L’omo gli diceva:
— A potare si fa così; quando sarai cresciuto mi aiuterai.
Senza farsi scorgere, Primpellino afferrava un pennato e via :nel folto della vigna.
— Primpellino, dove sei?
Rispondeva di colà. E si vedeva Primpellino che dava colpi a destra, a sinistra