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le nozze di primpellino | 303 |
E restavano là, incantati a guardare, quasi dovessero veder aprirsi il popone e uscir fuori una creaturina di carne e di ossa. Arrivò finalmente il giorno in cui il popone si spaccò.
Era infracidito sul terreno grasso, e dentro, tra la polpa verdastra, si scorgeva imputridita una creaturina compiuta, morta per non essere stata liberata dall’involucro a tempo opportuno!
La donna cominciò a darsi pugni in testa, a strapparsi i capelli, a piangere, e strillare:
— Ahimè, Primpella mia! Ahimè, Primpellino mio!
— Non è niente! Abbiamo un ultimo seme. Pazienza! Attenderemo ancora un altr’anno.
La donna pianse la intera giornata, e il marito, verso sera, scavò una buca in fondo al prato, accanto alla prima, e vi seppellì il popone infracidito e la creaturina putrefatta.
— Primpella?... O Primpellino?
— Moglietta mia, non ci ho badato. —