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al giardino, calpestando aiuole, stroncando rami di piante a cui si afferrava con balzi, riducendo tutto strappi il bel vestitino da paggetto, sgualcendo i borzacchini, facendosi beffe dei giardinieri che avrebbero voluto impedirgli di guastare le aiuole, di sciupare le piante... Saltacavalla si arrampicava lesto lesto in cima a un grand’albero e rispondeva impertinentemente:

— Se non viene qui Sua Maestà, non mi movo! Non mi movo!

E manteneva la parola. Ma prima di scendere faceva certe mosse, certe smorfie sempre nuove, che il Re si sbellicava dalle risa, e gli perdonava volentieri l’impertinenza.

Avanti dell’arrivo di Saltacavalla, il palazzo reale era triste, silenzioso come un cimitero. Il Re, oppresso da grave malinconia, viveva solitario, appartato nelle sue stanze, dove, a lunghi intervalli, riceveva i Ministri.

— Maestà, c’è da far questo, c’è da fare quest’altro. Vostra Maestà permetta...