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alla pulizia. Invece, sporcavano da per tutto, cantando, trillando, pigolando, quasi fossero in piena campagna.
— Ah, .figliolo, figliolo! Dovresti farglielo capire. — Compatiscili, mamma; non sanno di far male.
E in aprile e maggio, il castello era pieno di nidi. Non c’era stanza dove i passerotti, i cardellini, le capinere, i pettirossi non ne avessero collocati due, tre, come se il castello fosse stato casa loro.
La Principessa ne trovava su le mensole, su i tavolini, negli angoli per terra, su i cassettoni, su gli armadi, su i canapè, su le poltrone, appesi alle branche delle lùmiere, dei saloni; e dei salotti, fin sul cielo del cortinaggio di camera.
Ed era un andare, un venire, un pigolare di uccellini appena scovati e affamati con le testine in aria e i beccucci spalancati. — Ah, figliuolo, figliuolo!
— Quando sarò cresciuto, non avverrà più, mammina!...
E quantunque fossero già trascorsi dodici