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il principe pettirosso 167

Di giorno in giorno la trasformazione diveniva più evidente. I braccini prendevano la forma di ali e si coprivano di piume; le gambine si assottigliavano e le dita dei piedi si allungavano in zampine con ugne aguzze. E di mano in mano che le piume invadevano tutto il corpicino che si rattrappiva, si rattrappiva, nasino e labbra si foggiavano in becco.

In meno di due mesi, il bambino era diventato il più bel pettirosso che si potesse vedere.

Principe e Principessa avevano vergogna di far sapere che il loro figliolino era diventato un pettirosso. Dissero che lo avevano mandato a balia, lontano. Ma questa finzione non valse.

Quando il bambino avrebbe dovuto poter dire: — Babbo! Mamma! — lo disse il pettirosso, che la Principessa teneva posato su un dito, e n’ebbe paura e gioia quasi nello stesso momento.

Non lo potevano più tenere in gabbia: voleva volare qua e là, fare il chiasso con gli altri uccellini su pei rami degli alberi del giardino.