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152 luigi capuana

— Portatemele in cucina, e disfate quel nido! —

Il giardiniere obbedì a malincuore: aveva le lacrime agli occhi sentendo gli strilli degli uccellini che parevano un pianto.

La crudele Principessa ruppe di sua mano gli ovicini in un tegamino, vi aggiunse, cacio e pane grattato, e ne fece, come aveva detto, una frittatina pel gattino che le stava tanto a cuore.

Il gattino esitava a mangiarla, miagolava, si ritirava indietro. Ma quando la Principessa si era ficcata in testa una cosa, non c’era verso di farla desistere.

— Il gattino non ha fame — gli disse il Principe.

— Fame o non fame, deve mangiare questa frittata; l’ho fatta apposta per lui.

Il gattino, preso pel collo, col muso nel tegamino, dovette mangiare per forza. Ma aveva appena ingoiato l’ultimo boccone, che — Meo! Meo! Meo! — stirava le gambe e moriva, quasi avesse preso un veleno.

La Principessa rimase scossa da quella