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96 | luigi capuana |
che Cingallegra che non sapeva niente di quel che era accaduto.
— Scellerata! Scellerata! Guarda che cosa ha fatto il tuo pettirosso! —
— La colpa non è mia, babbo!
— Voleva ammazzarmi! —
Anche Cingallegra fu spaventata sentendo parlare il pettirosso. Era dunque un uccellino fatato? Cingallegra ne aveva avuto qualche sospetto; ora però non ne poteva dubitar più. E non osava accostarsi alla gabbia, nè rivolgere la parola al pettirosso. Le mani contorte e scagliose di Reginotta le fecero gran pietà. Era stata punita giustamente del tentativo feroce; ma Cingallegra pensava che sua sorella aveva l’animo irritato dal non vedersi richiesta da nessuno, e che per ciò era degna di compatimento e di perdono, se non aveva saputo frenarsi.
Si fece animo, si chinò sulla gabbia dove il pettirosso saltava da uno stecco all’altro, e mormorò teneramente:
— Te ne prego, pettirosso mio! —
E intendeva dire: — Restituiscile le mani bianche e belle come prima. —