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52 | RANOCCHINO. |
Era una bellezza. Lo teneva sempre in mano, lo portava seco dovunque. A tavola, Ranocchino dovea mangiare nel piatto di lei.
— Una cosa sconcia! — diceva la Regina.
Ma quella era figlia unica, e le perdonavano tutti i capricci.
Arrivò il tempo che la Reginotta dovea andare a marito. L’avea chiesta il Reuccio del Portogallo, e il Re e la Regina n’eran contentissimi. Lei disse di no:
Voleva sposare Ranocchino!
Poteva darsi? Intanto non c’era verso di persuaderla.
— O Ranocchino, o nessuno!
— Te lo do io Ranocchino! —
E il Re, afferratolo per una gambetta, stava per sbatacchiarlo sul pavimento; ma entrò un’aquila dalla finestra che glielo strappò di mano e sparì.
La Reginotta piangeva giorno e notte. Povera figliuola, faceva pena! E tutta la corte stava in lutto.
Intanto in casa di Ranocchino pareva tutti i giorni carnovale. Spendi e spandi; mezzo vicinato banchettava lì e i danari andavano via a fiumi. Finalmente non ci fu più il becco d’un quattrino.