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cio e Tizzoncino marito e moglie. Il mago ebbe la pagnotta e la stiacciata, stacciate, impastate e infornate dalle mani della Regina, e il Reuccio fu messo in libertà.

Veniamo intanto a lui, che di Tizzoncino non vuol saperne affatto:

— Quel mucchio di filiggine sua moglie? Quella bruttona di fornaia regina?

— Ma c’è un decreto reale...

— Sì? Il Re lo ha fatto, e il Re può disfarlo! —

Tizzoncino, diventata Reginotta, era andata ad abitare nel palazzo reale. Ma non s’era voluta lavare, nè pettinare, nè mutarsi il vestito, nè mettersi un paio di scarpe:

— Quando verrà il Reuccio, allora mi ripulirò. —

Era possibile? E aspettava, chiusa nella sua camera, che il Reuccio andasse a trovarla. Ma non c’era verso di persuaderlo.

— Quella fornaia mi fa schifo! Meglio morto che sposar lei! —

Tizzoncino, quando le riferivano queste parole, si metteva a ridere:

— Verrà, non dubitate; verrà.

— Verrò? Guarda come verrò! —

Il Reuccio, perduto il lume degli occhi e colla