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zitte zitte, quel seminato, da non lasciar ritto neanche un filo d’erba.

La mattina, il contadino esce fuor del pagliaio, e che vede? Uno spettacolo! E tutti i vicini che stavano a guardare, con gusto, quantunque si mostrassero addolorati.

— Ah, compare, compare! Se voi aveste venduto quei quattro sassi, ora questa disgrazia non vi sarebbe accaduta. —

Ma quegli zitto, dinoccolato, come se non dicessero a lui.

Quando i vicini furono andati pei fatti loro, cavò di tasca lo zufolo, e tì, tìriti, tì, il seminato cominciava a rizzarsi; tì, tìriti, tì, il seminato si rizzava come se nulla fosse stato.

Il Re, sicuro del fatto suo, lo aveva mandato a chiamare:

— C’è qualcuno che ti vuol male. So che la notte scorsa ti han mezzo distrutto il seminato. Vendi a me quei quattro sassi. La gente, quando saprà che son miei, li guarderà da lontano.

— Maestà, non è vero nulla. Il mio seminato è più bello di prima. —

Il Re si morse il labbro:

— Dunque i suoi ordini non erano stati eseguiti!