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parte, perchè non aveva avuto ancora figliuoli e ne era accorato assai.

— Comarina, — le disse — non vi arrischiate più a dire così, o guai a voi! —

La povera donna, dalla paura, non disse più nulla. Però quel figliolino, ora che la sua mamma stava zitta, ogni mattina, appena rifasciato, lavato e pettinato, si metteva a piangere e strillare.

Lei gli ripeteva:

— Bimbo mio, tu sarai barone!... Tu sarai duca!... Tu sarai principe!... —

Ma il bimbo non si chetava. Talchè una volta, per prova, tornò a dirgli sottovoce:

— Bimbo mio, tu sarai Re! —

Il bimbo accennò di sì colla testina, come se avesse capito, e non strillò più.

Allora la povera donna si persuase che quel figliolino doveva avere una gran fortuna; e temendo la collera del Re, già pensava di mutar paese.

Intanto, poichè il figliuolo era spoppato, quando le capitava di fare qualche servizio, pregava una vicina:

— Comare, tenetemi d’occhio il bimbo; vado e torno in due minuti. —

Un giorno le accadde di tardare. La vicina era seccata di tenere in braccio quel cattivello