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— Son io e Serpentina.
— Chi volete?
— La Fata Regina. —
La grotta si spalancò, e si vide il gran palazzo della Fata gobba; ma bisognava dirle Fata Regina; se no, se l’avea a male.
— Ben venuta, figliuola mia! T’aspettavo da un pezzo. Questo giovine è figlio d’un regnante. Una Maga gli aveva fatto l’incantesimo, e per romperlo ci voleva la ragazza dal dente d’oro. Ora dovrete sposarvi. —
La Reginotta, con quella pelle squamosa, era un orrore. La Fata gobba cominciò a strusciarla da capo a piedi, e in poco d’ora la mondò, in guisa, che non pareva più lei. Era così bella, che abbagliava.
La Regina, come intese che Serpentina stava per tornare, montò sulle furie:
— Se vien lei, partirò io! È la nostra cattiva sorte! —
Ma, saputo che quella recava l’unguento da far sparire le gobbe, le andò incontro col Re e con tutta la corte. Fecero grandi feste, e vissero tutti felici e contenti.
E noi citrulli ci nettiamo i denti.