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14 | SPERA DI SOLE. |
pagnotte e le stiacciate bell’e cotte. Insomma non riposava un momento.
Tizzoncino era sempre di buon umore. Un mucchio di filiggine; i capelli arruffati, i piedi scalzi e intrisi di mota, in dosso due cenci che gli cascavano a pezzi; ma le sue risate risonavano da un capo all’altro della via.
— Tizzoncino fa l’uovo, — dicevan le vicine.
All’Avemmaria le fornaie si chiudevano in casa e non affacciavano più nemmeno la punta del naso. D’inverno, passava.... Ma d’estate, quando tutto il vicinato si godeva il fresco e il lume di luna? O che eran matte, mamma e figliuola, a starsene tappate in casa con quel po’ po’ di caldo?... Le vicine si stillavano il cervello.
— O fornaie, venite fuori al fresco, venite!
— Si sta più fresche in casa.
— O fornaie, guardate che bel lume di luna, guardate!
— C’è più bel lume in casa. —
Eh, la cosa non era liscia! Le vicine si misero a spiare e a origliare dietro l’uscio. Dalle fessure si vedeva uno splendore che abbagliava, e di tanto in tanto si sentiva la mamma:
— Spera di sole, spera di sole, sarai regina se Dio vuole! —