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È questa composizione sì ben combinata, sì ben ragionata, che sembra impossibile, esser parto di una mente strana e bizzarra, quale era quella di Giovanni. La dignità, lo stile, la giustezza degli insieme, il partito e la scelta delle pieghe, la dolcezza dei caratteri, la natura, la grazia, la tinta, tutto è vero, è sorprendente. E sebbene io tremi, allor quando mi trovo nel caso dover pronunziare il mio giudizio, intorno alle opere di pittura, qui dico, e dico ad altissima e ferma voce, che il colore di Tiziano, il rilievo del Domenichino, la grazia di Coreggio, chiaramente si manifestano in questo maraviglioso dipinto. A queste parole, parmi vedere il mio lettore, per meraviglia stringere le labbra ed inarcar le ciglia; nè lo condanno per questo, poichè io al caso suo farei lo stesso; ma sicuro del fatto mio dirò come disse Petrarca, parlando di Laura »E chi nol crede venga egli a vedella.» In appoggio di questa verità cade ora in acconcio dire, come correndo l’anno 1829 (se non erro) trovandosi in Firenze il chiarissimo sig. Luigi Sabatelli, Sua Ecc. il sig. Principe Rospigliosi (allora in Pistoja) mandò espressamente a prenderlo, onde commettergli stuccare e ritoccare un crepo, che divideva in parte la figura della S. Caterina. Giunto in Pistoja assunse l’incarico, e pose mano all’opera; ma allor quando trovossi nel caso di dovere toccare le carni della Santa, preso da riverenza, fù
ruote in ginocchio a piè della Vergine, e del divino Bambino. Io crederei che il Pittore abbia voluto fare il ritratto della sig. Lucrezia Cellesi moglie del Balì Cammillo, nella Beata Vergine; e nel divino Bambino il ritratto di Alessandro Fran. Dom. piccolo figlio del detto Balì Cammillo. Nato il 2 Ottobre 1631. Nella s. Caterina poi io penso, che ritrattasse la sig. Caterina Vedova del fu Girolamo Rospigliosi e madre del nominato sig. Balì Cammillo, Monsignor Giulio, e Canonico Bartolommeo fra di loro fratelli.