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LIB. I. 29

Non altrimenti esso Boccacio ripută(n)dosi dall'amata vedova schernito, sdegnato il Labirinto d'amore cŏ(m)pose, nel quale disse tante cose in vituperio delle donne; che leggendolo è difficile à pensar che possa alcun bene da loro venire. Altri parimente sono stati, i quali per morte, ò per altro caso havendo la cosa amata perduto, si credettero forse biasimando cio, che ricovrare non potevano, socorrere al dolore: come gia fece Orpheo, il quale morta l'amata sua Euridice, in estrema disperatione messo, mai amar piu donna non volle. Il che non era forsi vituperoso ad huomo già attempato, et d'anni pieno: se poi non havesse à piu abhominevole vitio fatto la via; le cui vestigia alcuni seguendo, dicono le femine esser da meno che la piu vil cosa del mondo; à quali io non risponderò. percioche se non hanno riguardo di fare si fatto oltraggio alla Natura; meno istimeranno le ragioni ch'io gli opporrò. Per questa cagione molte cose studiosamente hieri lasciai, disse il Musicola, giudicando à philosopho non appartenere, con biasimo d'altri honore acquistare. Nel vero non conviene, soggiunse il Poeta, altri massimamente à torto lacerare. percio sapendo che voi piu per investigare disputando il vero, che per odio, ò per altra cagione affermate l'huomo esser della femina piu degno, et nobile: per far à voi, et ad ogn'altro conoscere che non havete saputo bene il falso dal vero discernere: secondo il soggetto del ragionare di hieri, come voi ritrovaste tre stimoli à provare l'eccellenza dell'huomo, cosi io per tre beni che senza piu sono al mondo, proverò la degnita del sesso feminile. Dico adunque la vera nobiltà consister piu