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546 | modificazioni al vino. |
all’atto d’imbottigliarli qualche poco di zuccaro, o qualche grano di frumento o d’orzo; e ciò allo scopo di supplire alla mancanza reale di zuccaro del vino. Lo zuccaro di canna, e l’amido dei cereali, che vi s’introducono, nel decomporsi, producono gli stessi effetti, cioè danno luogo alla formazione di gas acido carbonico.
§ 555. Il vino cotto era più in uso una volta che oggidì. Esso si ottiene col far bollire il mosto dell’uva in recipienti di rame ben stagnato, o meglio in recipienti di terra. Può farsi bollire direttamente al fuoco, ma è meglio il bagno maria. Col bollire, arrivando la temperatura a 100°, il glutine si ossida a spese dell’ossigeno del mosto, e rendendosi insolubile ed inerte, la fermentazione riesce impossibile, quando non vi si aggiunga altra materia fermentante, o quando il libero contatto dell’aria non agisca per lunghissimo tempo sulla massa.
Il vino cotto adunque resterà dolce e torbido, poichè senza la fermentazione non può farsi nè feccia, nè vino alcoolico, nè cappello. Perciò abbisognerà feltrare il liquido quando si voglia riporlo in bottiglie; nelle botti assai lentamente si rischiara anche senza la feltrazione.
Questa sorta di vino noti è molto aggradevole, poichè colla cottura contrae un sapore medicinale, che perde difficilmente. Spesso è nocivo per qualche sale di rame che vi si combinò durante la bollitura; sempre poi è insalubre, come lo sono tutte le bibite di questo genere che non abbiano fermentato.
§ 556. Il vino d’uva marcia è sempre vino d’uva marcia. Qualche volta pigiando la mondatura ammuffita dell’uva che si fa appassire, si ritrae un mosto dolciastro, di color giallo oscuro, che, feltrato e lasciato in bottiglie, talvolta acquista un sapore come di vino di Malaga. Ma lo stomaco, che è miglior giudice del palato, prova sempre che è insalubre, e che val meglio convertirlo in aceto.
§ 557. Si può mantenere dolce il vino imbottigliando il mosto ancor dolce ma feltrato, e ponendo le bottiglie ben chiuse e catramate a bollire nell’acqua per un quarto d’ora. Con tal mezzo il glutine si ossida a spese dell’ossigeno del mosto, si deposita allo stato insolubile, ed il vino resta dolce, non potendo la sua parte zuccherina convertirsi in alcool per mancanza di fermento attivo.