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della fermentazione del mosto. 523


Noi passeremo in rivista questi due metodi per vedere quale sia il più razionale, ed il più adattato alle nostre circostanze.

§ 534. Quando si fa bollire o fermentare il mosto in tini aperti e riempiti per 4/5 o 5/6, dopo due giorni la parte superiore della massa, detta cappello, è costituita dai graspi e dalle buccie, che, come più leggeri, galleggiano sulla porzione liquida. E siccome abbiamo veduto che la parte zuccherina e colorante in ispecie è aderente alle bucce, così, per introdurre nella massa fermentante queste due sostanze, si pensò di praticare la follatura. E la follatura è quell’operazione per la quale le buccie ed i graspi galleggianti vengono con un mezzo qualunque, respinti ed agitati nella parte liquida, per un tempo più o men lungo, onde la fermentazione levi loro maggior parte di zuccaro e di materia colorante. Una tale operazione qualche volta si ripete, e dopo poche ore i graspi e le buccie riprendono il loro posto superficiale.

Con questo metodo, il contatto dell’aria è libero, e maggiore per conseguenza dovrebbe essere l’ossidazione del fermento ed il suo depositarsi allo stato insolubile; che anzi a quest’uopo taluni suggerirono di fare i tini più larghi in alto che in basso. Ma ad eccezione di questo possibile vantaggio, molti sono gli inconvenienti che presenta un tal modo di fermentazione.

Dissi poi possibile il vantaggio della facile ossidazione del fermento, poichè il più delle volte non può aver effetto. Infatti la parte superficiale, costituita dalle vinaccie, forma un corpo soffice, alto un buon terzo della massa totale, e che impedisce alle bolle gasose che trasportano alla superficie la schiuma o fermento di porsi in contatto dell’aria, perdendosi esse invece per entro le porosità delle vinaccie, senza che il fermento, ossidandosi maggiormente, possa rendersi inerte. Perciò, continuando esso ad agire entro di esse, sorpassa il grado stabilito alla fermentazione vinosa, ed induce quella acetica, causa dell’odor forte piccante, quasi acetoso, che troviamo nel cappello del tino. Altro inconveniente è poi quello di respingere ed agitare queste vinaccie già alquanto inacidite, e talvolta anche ammuffate, nella parte liquida del mosto, cui può comunicare il suo stato chimico, o per lo meno un sapore più aspro, o disaggradevole. Finalmente, terminata la fermentazione, le vinaccie ancora porose, occupando la superficie in contatto dell’aria, prendono un vero odore e sapore acetico, che vien comunicato al vino che se ne estrae colla