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180 dei pronostici sulle vicende atmosferiche.


«Se il sole si leva in dense nubi che lo nascondono o del tutto o in parte, oppure se in simil modo tramonta; se lo vediamo attraverso a lunghe striscie, possiamo presagirne pioggia; e così pure se al suo levare manda una luce pallida, od è come velato da una leggiera nube gialla o rossiccia nella quale si dipingono a grandi e lunghi fasci i suoi raggi, abbiamo indizio di pioggia nel giorno seguente. Anche la luna ne predice la pioggia se la vediamo pallida e torbida o circondata da larga aureola. Se ne appare la vôlta del cielo più dell’usato popolata di stelle, ma poco scintillanti, il sereno non durerà.»

«Dalla forma delle nubi possiamo ancor meglio argomentare l’andare del tempo. Se le nubi si affoltano sul dorso dei monti in direzione opposta a quella del vento, e formano cappello alle loro cime, la pioggia è vicina; accenneranno invece al bel tempo od a pioggia lontana, se ne coroneranno il vertice in istrisce oblunghe e leggiere. Quelle nubi che diciamo pecorelle, d’estate indicano vento, e neve d’inverno, e più sicuramente se prendono un chiarore fosco e bronzino. Le nubi sparse non danno che tenui piogge, e se si ammonticchiano in nembi, daranno forti ondate di pioggia. Che se il nembo ha piede, cioè se insiste per lunga base sull’orizzonte, e rapido se ne solleva, manifestando come un fremito nei nuvoli congregantisi, e manda frequentissimi lampi, e un continuo ma cupo rumore, a ragione temesi allora il temporale con rovesci di pioggia e di gragnuola, tanto più orrenda quanto più la stagione sarà stata calda ed asciutta.»

«Come indizj di pioggia si hanno il volar delle rondini rasente l’acqua o la terra, il canto intempestivo del gallo, il garrire dei passeri riuniti a stormo, le anitre che svolazzano qua e là gridando e sbattendosi sull’acqua, l’insolito e lungo gracidare dei ranocchi, il fiutare al vento che fanno le vacche, il congregarsi degli armenti, le mandre che pascono più avidamente avvicinandosi all’ovile, le api che poco si discostano