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prefazione. 7

eruditi scrittori, v’avrei ad insegnare tante e tante cose, che la vita di mezza dozzina d’uomini non la basterebbe ad impararle tutte: voi vi trovereste imbrogliati ed il libro servirebbe più presto pei vostri usi domestici.

Alcuno dirà che alla fin fine neppur io potrò esser letto dai contadini. Ebbene, mi leggeranno gli agenti di campagna, i modesti possidenti, e fors’anche qualche parroco per far seguito al breviario e conciliarsi più prestamente al sonno. Ed anche costoro credete voi che sappiano o che debbano possedere tutto lo scibile umano per condur bene i loro fondi? No, anch’essi sanno quel tanto che sanno, e non sarà forse inutile anche per loro qualche cognizione di più.

Perchè poi, o lettori benevoli, campagnuoli istrutti, parlerò io ai contadini? Lasciate voi fare ai vostri coloni tutto quanto loro aggrada? No, non lo permettete, nè vi converrebbe il permetterlo. Voi esigete da loro tante moggia di frumento pel fitto, e dovete lasciar loro raccogliere tante moggia di melgone che bastino alla sussistenza delle loro famiglie; le viti, e voi lo sapete, sono obbligate a quella disposizione che è richiesta dal resto delle coltivazioni. Il colono non può, e voi non volete che esso azzardi in grande un nuovo prodotto, ecc. Dunque è inutile ch’io m’impegni di parlar direttamente coi contadini, e rivolgerò il mio discorso a voi, possidenti e campagnuoli d’ogni sorta; a voi, che per passare le lunghe sere dell’inverno sapete affrontare la lettura della cabala del lotto, dei romanzi di Dumas, delle Avventure di Guerrino Meschino e d’altri consimili tesori.

Altri poi vorrebbero che ad esporre popolarmente una scienza s’avessero a lasciar in disparte tutte le parole e le espressioni scientifiche. Ma, ditemi un po’, come faremo poi ad intenderci? Tanto sarebbe quanto scrivere senza alfabeto. Le arti più rozze non hanno anch’esse i loro principj, la loro nomenclatura? Come insegnere-