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— Se si potesse avere la chiave del portone.... Ma di solito la tiene l’Anna, ch’è la prima a uscire per la spesa. È ben difficile che.... No, no, sarebbe meraviglioso fin che vuoi, ma è inutile pensarci.
Il pasto non si svolse in modo gran che diverso da quello che aveva previsto Renato.
Entrando nella sala da pranzo ebbe una momentanea speranza di trovarvi la felicità. La tavola era assai riccamente imbandita.
Ma vide subito che la sua aspettazione andava delusa: i visi dei grandi eran turbati; non v’era in essi la maestà e la serenità di chi à il comando e si sente nell’occupazione del proprio posto sicuro di sé, superiore ai subalterni, adatto al proprio ufficio.
Essi, che secondo l’ordine delle cose rappresentavano il gran quadro delle deità, che i piccoli devono adorare compunti, non aderivano alla pomposa cornice, eran fuori centro, erano come un re che pretendesse di conservare Patteggiamento maestoso con la corona sulle ventitré.
Le loro facce eran devastate da passioni oscure che non lo interessavano, per le quali provava anzi un leggero ribrezzo.
Si guardò intorno. L’ordine di quella sala e l’imponente ricchezza dei mobili scuri gli davano tristezza; il pavimento a intarsio era così ben lustrato che a non fare attenzione s’andava sdruccioloni.
Più degli altri mobili egli odiava quel grande