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E il rosario dei nomi e soprannomi dei professori si sgranava frammezzo a invettive, risate, sghignazzi
— A morte il latino e il greco!
— A morte la chimica!
— Abbasso l’Austria!
D’improvviso Renato fece un gesto con la mano per far tacere l’altro e tese l’orecchio abbassando il capo.
Ma Gino che in quel giorno decisamente era uscito di senno, gridò ancor più forte:
— Abbasso gli amori impudichi!
Di là altercavano. S’era fatto sera ed eran venuti tutti a casa; ora discutevano elevando sempre più il tono delle voci.
— Son tutti riuniti. Sta zitto!
Gino rincarava invece la dose, mescolando le sue grida con quelle di là, cogliendo a volo qualche desinenza, su cui innestava con rime e con abbasso ed evviva certe espressioni che rispondevano ai suoi sentimenti ed affetti del tutto personali, con qua e là qualche parola spinta, camuffata un po’ nella pronunzia. L’altro non riesciva a soffocare le risa.
Qualcuno passò per il corridoio. Tacquero.
— Ah, ò capito perché gridano.
— Perché?
— È sabato.
— Ah, sì, ài ragione.
Infatti ogni sabato in casa di Gino si discuteva animatamente sull’itinerario della gita domenicale: chi proponeva d’andar da una parte, chi dall’altra, e