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Non si trattava mica d’un pugno sul naso che si sa che cos’è, e si grida, e magari si piange; né era il caso che qualcuno si dolesse per il crollo d’un grande ideale, per aver perduto una battaglia o per non esser riuscito a trovare il passaggio dello stretto di Bering.
Non eran di quei mali tremendi come la sete nel deserto, lo scorbuto nei mari glaciali che ti decima i tuoi uomini, la paura dell’imboscata dei pellirosse, che se ànno il sopravvento ti scannano senza misericordia.
No, erano piccole beghe, piccoli pettegolezzi, piccoli interessi.
«S’immagini, signora mia, à perduto l’impiego!»
Quante storie! Ne avrebbe trovato un altro: succedeva sempre così; lo sapeva ormai per esperienza.
E quella povera Gigetta, una parente perpetuamente in miseria, che tutti quando parlavano di lei tiravano dei gran sospiri, volgendo gli occhi al cielo e scuotendo tristemente la testa?
— Miseria, miseria.... Eppure — pensava Renato — finora nessuno è morto di fame in casa sua. Quali esagerazioni!
Anzi, quand’ebbe occasione di frequentare più spesso quella famiglia, notò con stupore che l’ambiente era simpatico e i visi ridenti. La gaiezza veniva accolta a braccia aperte e cuor sincero, senza sussiego, senza l’ombra di quella elegante musoneria ch’era di prammatica presso i suoi parenti più ricchi.