Pagina:Cantoni - Quasi una fantasia.djvu/47


— 39 —


No, no, povera Bice! Se non era che per nascondere qualche sbaciucchiamento, non metteva conto che t’industriassi a darti tante arie. Ma via! Era chiaro che nemmeno lei sapeva tutto.

Renato ormai, se non tutto, aveva capito molte cose. Fra l’altro s’era avveduto che i grandi, e specialmente le donne, un po’ per dare una più solenne aria di mistero alle segrete cose che sono effettivamente nel loro dominio, un po’ per certa loro innata stupidità, assumevano un fare di tronfia importanza per trattare di argomenti futili. E intanto lanciavano ai piccoli un’occhiata di traverso e abbassavan la voce.

«Sa signora, oggi ò la mia emicrania.... capisce.... ehm!... Proprio oggi! Devo rimanermene distesa....» e l’altra dava a vedere d’aver compreso il gran segreto e commiserava e sospirava.

Che cos’era? Un po’ di mal di capo!

E gli uomini parlavan con prosopopea degli «affari» come di guerre. E tutti, spessissimo, «avevan dei dispiaceri».

Da bambino codesti dolori gli erano apparsi davvero seri e riservati ai grandi, i quali probabilmente avevano una speciale sensibilità e forse altri organi, fisici e psichici, che a lui mancavano; onde sarebbe riuscito vano ogni suo sforzo per penetrare in quel vasto mondo chiuso.

Ma ora aveva compreso che gran parte di quelli atteggiamenti non eran che commedia. I famosi dispiaceri si riducevan di solito a mali piccoli e sopportabilissimi.