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— Senza dubbio, e subito.

— Come faremo?

— Per prima cosa ci vorrà la società segreta.

— Sì, mi piace ridea. Una setta estesissima e che abbia affiliati da per tutto.

— Fin nella reggia — disse Gino.

— Con la parola d’ordine per riconoscersi — aggiunse Renato; — differente a seconda del grado; perché bisognerà stabilire molti gradi diversi e iniziare i gregari nei più nascosti segreti solo dopo molte prove e con grandi cautele.

— Sì, ma il vero scopo della società lo sapremo solo noi due.

— E poi?

— E poi è semplicissimo: la morte dell’imperatore darà il segnale della grande rivoluzione.

— Benone. Del resto abbiamo tanti anni avanti a noi per preparar bene ogni cosa!

Ma a Gino sorse improvvisamente una preoccupazione gravissima.

— E se morisse domani?

— Che dici! — esclamò Renato sorridendo, ma subitamente turbato.

La realtà dell’immane sommovimento ch’essi dovevano incanalare, dirigere, dominare, vista così da presso, non più nelle brume d’un sogno indistinto, ma presente, vera, palpabile, lo sgomentò: questa realtà, che per un istante egli si raffigurò con assoluta lucidità di contorni, era troppo cruda e violenta: inebriante, sì, ma, pel fatto stesso ch’era realtà e non sogno, troppo piena di fragori inattesi,