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— Egli mi tratta già da ammiraglio, — pensò — pur non avendo finora nessuna prova del mio valore sul mare. Lo fa perché conosce il mio cuore e perché è necessario che noi due, soli predestinati alle grandissime cose, ci si divida il compito. Ma gli farò ben vedere come conosco il mio mare!

Sì, quello era il suo elemento: da 11 doveva venire il miracolo. Solo unendosi col mare, quasi fondendosi con esso, le nebbie che l’opprimevano si sarebbero squarciate ed egli si sarebbe sentito tutto intero.

— Le navi, grandi o piccole, ecco l’arma per trionfare!

Lungo le rive di Trieste e nel Canal Grande v’erano tanti bragozzi inutili, sonnacchiosi, che servivano a trasportar cocomeri....

— Ma verrà, verrà il giorno!

E ripensò alla gran battaglia che nei suoi sogni modificava sempre, mettendo ogni volta in maggior risalto la bellezza dei singoli episodi.

Ecco: una piccola goletta sbattuta dalla tempesta.

— Mai visto una bufera simile! — dice il vecchio nostromo manovrando coi suoi muscoli d’acciaio la ruota del timone.

— Un po’ di maretta — gli dice Renato afferrando a sua volta la ruota e sfuggendo in tempo, con un’immediata, strana, quasi irregolare manovra, a un tiro in pieno della gran nave avversaria.

Il nemico è sbalordito. Qualche colpo dei piccoli cannoni porta scompiglio nelle sue file.