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— Ora son serio — pensò Renato — e so bene quello che il mondo attende da me.
£ all’amico disse:
— Mi piacerebbe fare un buco, per esempio dalla cantina di casa mia fino a Vienna. Servirebbe magnificamente per le sorprese strategiche.
— Altro che!
Furono improvvisamente interrotti da un’irruzione di ragazzi delle Reali .
Erano quattro: tre contro uno; e i tre lanciavan le loro contumelie in quell’italiano bastardo che usano slavi e tedeschi. L’altro, ch’essi conoscevano appena di saluto, era italiano.
Senza por tempo in mezzo, Gino e Renato si schierarono al suo fianco gridando:
— Su, fatevi innanzi se avete coraggio!
— O avete coraggio solo in tre contro uno?
Il capo avversario, con la scusa di dominar meglio l’azione, si mise un passo indietro, incitando i suoi a bassa voce:
— Giù botte, senza paura!
Gli inviti alla sfida gli piovvero allora con formole sanguinosissime, sicché in breve la zuffa divenne inevitabile; e fu un picchiarsi di santa ragione: pugni e calci, schiaffi e percosse, morsi ed unghiate, tutto servì, pur d’arrecare il maggior danno possibile al nemico.
Si rotolarono per terra, si rincorsero per i viali, si riagguantarono, e a poco valsero i disegni di strategia che si presentavano a tratti alla mente dei combattenti in un abbozzo appena accennato, ché