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non si poteva dire che i suoi confini rinserrassero in un tempo regioni che vanno dal Mar Glaciale all’Equatore; onde una gran confusione si faceva nel suo cervello nel sognare di cataclismi e di portentose invenzioni umane che avrebbero dovuto dare all’Italia il primato delle grandezze, delle altezze, dei numeri.

Nella strada dov’egli abitava sboccavano le ripide viuzze dei quartieri alti e nei giorni di gran pioggia scorrevan giù due ruscelletti impetuosi. Aveva notato che quello che si formava al lato opposto della via s’ingrossava da principio un poco, ma non passava mai una certa linea, mentre l’altro; che dapprima pareva uguale o anche minore, andava gradatamente ingrandendosi, sommergendo anche il marciapiede, fino a diventar di due e di tre volte più largo del rivale. Egli si divertiva un mondo a stare alla finestra, pensando che quello di faccia era il Danubio e questo il Po.

Per ore ed ore seguiva ansiosamente la lotta fra i due fiumi, sebbene sapesse fin da principio l’esito finale della gara; e quando il Po finalmente vinceva, s’insuperbiva tutto.

Che gioia I E anche i monelli com’era bello seguirli in quel loro diguazzar nell’acqua gialla, i calzoncini rimboccati fino alle coscie, mentre facevan correre le loro barchette di carta, che scendevano maestose il fiume come vere corazzate!

Ma da quei tempi lontanissimi eran passate ormai più e più settimane.