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— La rivoluzione? — fece Renato raggiante.

— Sss.... parliamo piano. Sì, la rivoluzione.

— Ah, sì, sì! Ò sentito dire che alla morte di Francesco Giuseppe scoppierà la rivoluzione. È vero?

— È vero.

— Ma allora siamo a cavallo!

Parlarono a lungo dell’assetto che bisognava dare all’Austria, vinta che fosse la guerra; una guerra svelta, agile, audace, tutta d’imboscate, di piccole azioni geniali ed eroiche, combattuta da un pugno d’eroi contro il colosso austriaco, immenso ma già ansante e sfiancato per l’improvviso scoppiar degl’interni rivolgimenti.

Renato andava tracciando col lapis uno schizzo dei nuovi confini.

— Boemia e Moravia: Stato Czeco, capitale Praga. Va bene?

— Benissimo.

— La Galizia andrebbe veramente alla Polonia....

— Sì, sì: intanto anche la Polonia avrà pensato a risorgere.

— Qui ci sarebbe la Bucovina.

— Alla Polonia!

— No.

Allora diamola alla Rumenia.

— La maggioranza è rutena. Più giusto sarebbe alla Russia....

— Vedremo....

— La Transilvania senz’altro alla Rumenia. Qui casca la Croazia, la Bosnia-Erzegovina e la Car-