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malgrado tutto. Ma ci son certe cose che passano i limiti! La Marta à tanto fatto ch’è riuscita finalmente a strappargli il consenso.
— Di farsi monaca?
— Di farsi monaca. Capisci? Uno scienziato di così vasta coltura, di così chiara intelligenza che si lascia indurre a un simile errore!
— Ma tu non ài fatto nulla — esclamò Renato — per dimostrare a tua sorella che anche a essere religiosi è ben più meritorio vivere, che andare ad ammuffire in un convento?
— Figurati! Le ò tanto parlato. Ma che! Essa spera piuttosto d’indurre anche me a farmi frate.
— Tuo padre è debole: non doveva.
— Non è solo debolezza. Ò paura che in fondo ne sia contento. È tanto religioso! — Diede un sospiro e soggiunse con grande amarezza: — Non c’intendiamo più.... Poveruomo!
Marta era la più buona delle due sorelle di Gino: pia creatura tutta assorta nel pensiero di Dio, pronta a fare per chiunque un sacrificio senza sentirne il peso, anzi senza neanche accorgersene.
Aveva un viso attraente: due occhioni limpidi, purissimi, e una chioma superba. Era sempre allegra e cantava; perché era pura e non aveva mai un pensiero cattivo; o se l’aveva, riusciva prontamente a scacciarlo.
Era stata allevata dalle suore e di quell’ambiente, tutto purezza e bontà, aveva subito il fascino.
Ma forse quella gran vocazione non le sarebbe