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E non aveva mai cantato quell’inno. Lo sguardo fiero, il labbro ostinatamente chiuso, aveva sempre sfidato le ire dei devoti funzionari dell’Impero. Non solo; ma s’era anche vantato di questa e d’altre prodezze.
Non aveva forse osato un giorno di citare al professore d’italiano (uno zoticone che sapeva l’italiano certo meno bene di lui) a proposito d’una questione di prosodia certi versi che c’era da finire in galera?
Con quel volto sfidato e dimesso |
— Che versi son questi? — - aveva gridato rabbiosamente il professore. — Si attenga ai libri di testo!
— Son del Manzoni: In morte di Teodoro Körner.
— Ah, bene bene — aveva brontolato quello, sentendo che in fin dei conti c’entrava in qualche modo un poeta tedesco. — Vada al posto.
E Renato, gongolante per il tiro giocato a quell’imbecille impettito, era ritornato al suo banco mormorando il seguito fra i denti:
O stranieri, nel proprio retaggio |
Ma la cosa non era finita lì; ché più tardi il professore l’aveva capita e non s’era lasciato sfug-