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dell’affetto e a nascondere in strani, spesso notturni conciliaboli i loro innominabili misteri. Ànno fini diversi, ànno armi occulte, ànno un cifrario per i segni convenzionali, per cui, anche senza far mostra, s’intendon fra di loro; sanno molte cose paurose che dovrebbero pur dire e che non dicono; — anzi s’industriano a renderle ancora più paurose per la cura gelosa che si danno di non tradirsi mai, nemmeno per isbaglio.
E così se ne vanno impettiti, bene abbottonati nel loro austero silenzio, alteri di quei loro famosi segreti che in fondo, poi, c’è da scommettere, saranno chissà quanto meschini.
Ma non occupiamoci di loro: professori, parenti, zii e sopratutto zie; e parliamo un poco di Renato e di Gino, che erano due cugini e avevano, agli albori del secolo ventesimo, dodici anni il primo e tredici il secondo.