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il mendico 161


VII


Io t’amo pel freddo e lo stento,
l’insonnia, il digiuno, l’affanno,
cui devo che senza sgomento,
che fanno
ch’esperto io rimuoia.

Io t’amo perch’ora meschino
non chiedo, felice non rendo;
ma stanco del lungo cammino
discendo
senz’onta di gioia;

discendo laggiù tra le grame
mie genti, nel mondo che tace,
tra gli umili morti di fame
che dormono in pace —

VIII


Su l’orlo d’un lago nei monti,
fra stridulo ansare di grilli,
sul lago in cui, luna che monti,
scintilli,
c’è un nero, c’è un mucchio

di squallidi cenci e di membra,
c’è un uomo con gli occhi rivolti
nel lago, e che attonito sembra
che ascolti
l’eterno risucchio: