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156 in sogno della vergine


che avesti, dell’esile vita!
nel cuore di mamma non resti
quell’eco di pianto, infinita!

Sorridile, guardala; appressati
a mamma, ch’ormai non ha più,
per vivere un poco ancor essa,
che il poco di fiato ch’hai tu!

V


Il lume inquieto ora salta
guizzando, ora crepita e scende:
s’è spento. Quiete più alta.

Nell’ombra già rara, già scialba
traverso le immobili tende
si sfuma la nebbia dell’alba.

Il fiore improvviso, non sorto
da seme, non retto da stelo....
svanito! Non nato, non morto:

svanito nell’alito chiaro
dell’alba! svanito dal cielo
notturno del sogno! — Cantarono

i galli, rabbrividì l’aria,
s’empì di scalpicci la via;
da lungi squillò solitaria
la voce dell’Avemaria —