Pagina:Canti di Castelvecchio.djvu/162


146 un ricordo


E Margherita, la sorella grande,
di sedici anni, disse adagio: “Babbo...„
“Che hai?„ “Ho, che leggemmo nel giornale
che c’è gente che uccide per le strade...„
Chinò mio padre tentennando il capo
con un sorriso verso lei. Mia madre
la guardò coi suoi cari occhi di mamma,
come dicendo: A cosa puoi pensare!
E le rondini andavano e tornavano,
ai nidi, piene di felicità.

Mio padre palpeggiò la sua cavalla
che l’ammusò con cenno familiare.
Riguardò le tirelle e il sottopancia,
e raccolte le briglie, calmo e grave,
si volse ancora a dire: Addio! Mia madre
s’appressò con le due bimbe per mano:
la più piccina a lui toccò la mazza.
Egli teneva il piede sul montante.
E in un gruppo le tortori tubarono,
e si sentì: Papà! Papà! Papà!

E un poco presa egli sentì, ma poco
poco, la canna come in un vignuolo,
come v’avesse cominciato il nodo
un vilucchino od una passiflora.
Sì: era presa in una mano molle,
manina ancora nuova, così nuova
che tutta ancora non chiudeva a modo.
Era la bimba che vi avea ravvolte,
come poteva, le sue dita rosa,
e che gemeva: No! no! no! no! no!