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112 il poeta solitario


Si trova al nativo villaggio,
     vi ritrova quello che c’era:
l’odore di mesi-di-maggio
     buon odor di rose e di cera.

Ne ronzano le litanie,
     come l’api intorno una culla:
ci sono due voci sì pie!
     di sua madre e d’una fanciulla.

Poi fatto silenzio, pian piano,
     nella nota mia, che t’ho presa,
risente squillare il lontano
     campanello della sua chiesa.

Riprende l’antica preghiera,
     ch’ora ora non ha perchè;
si trova con quello che c’era,
     ch’ora ora ora non c’è.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Chi sono? Non chiederlo. Io piango,
     ma di notte, perch’ho vergogna.
O alato, io qui vivo nel fango.
     Sono un gramo rospo che sogna.