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luigi la vista 355

compassione! Questo è certo; ma non è parimenti certo che in un Quindici maggio essi sarebbero al posto di Luigi La Vista!

Non solo per questo, dunque, ma altresì per tutti gli altri affetti che gli facean piena nel cuore, egli non aveva ancor trovato la cosa in cui quietarsi; nemmeno negli studi, che par fossero stati il suo supremo amore. Avrebbe voluto legger tutto, intender tutto, far sue tutte le verità della scienza, tutte le bellezze dell’arte; e, a volte, sentiva lo sgomento del voler troppo. La pace negli studi non si consegue prima che si sia cominciato a saper lavorare. Il lavoro è per lo studioso come la diritta via per il pellegrino: il quale forse la troverà anche più faticosa delle altre, non riuscirà forse a percorrerne che poca parte, e vi cadrà senza più rialzarsi; ma, cadendo, avrà pur sempre innanzi agli occhi, stanchi o moribondi, quella Gerusalemme che era meta al suo cammino. Ben lontano ancora dall’aver trovato la forma definitiva del suo lavoro, Luigi La Vista aveva nondimeno cominciato ad intendere mirabilmente l’intimo delle cose, specie nel campo delle lettere; e non sono in lui rare le intuizioni che onorerebbero anche un ingegno grande, e già maturo. Eccone alcuni esempi.

Egli sapeva già interpretar lo scrittore nell’uomo: criterio estetico sovrano e più che mai fecondo di