non l’annullâr: non vinsela
il fato e la sventura; 115non con la vista impura
l’infausta veritá.
Dalle mie vaghe immagini
so ben ch’ella discorda;
so che natura è sorda, 120che miserar non sa;
che non del ben sollecita
fu, ma dell’esser solo:
purché ci serbi al duolo,
or d’altro, a lei non cal. 125So che pietá fra gli uomini
il misero non trova;
che lui, fuggendo, a prova
schernisce ogni mortal;
che ignora il tristo secolo 130gl’ingegni e le virtudi;
che manca ai degni studi
l’ignuda gloria ancor.
E voi, pupille tremule,
voi, raggio sovrumano, 135so che splendete invano,
che in voi non brilla amor.
Nessuno ignoto ed intimo
affetto in voi non brilla:
non chiude una favilla 140quel bianco petto in sé.
Anzi d’altrui le tenere
cure suol porre in gioco;
e d’un celeste loco
disprezzo è la mercé.