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58 i. canti


     Talor m’assido in solitaria parte,
sovra un rialto, al margine d’un lago
25di taciturne piante incoronato.
Ivi, quando il meriggio in ciel si volve,
la sua tranquilla imago il sol dipinge,
ed erba o foglia non si crolla al vento;
e non onda incresparsi, e non cicala
30strider, né batter penna augello in ramo,
né farfalla ronzar, né voce o moto
da presso né da lunge odi né vedi.
Tien quelle rive altissima quiete;
ond’io quasi me stesso e il mondo obblio
35sedendo immoto; e giá mi par che sciolte
giaccian le membra mie, né spirto o senso
piú le commova, e lor quiete antica
co’ silenzi del loco si confonda.

     Amore, Amore, assai lungi volasti
40dal petto mio, che fu sí caldo un giorno,
anzi rovente. Con sua fredda mano
lo strinse la sciaura, e in ghiaccio è vòlto
nel fior degli anni. Mi sovvien del tempo
che mi scendesti in seno. Era quel dolce
45e irrevocabil tempo, allor che s’apre
al guardo giovanil questa infelice
scena del mondo, e gli sorride in vista
di paradiso. Al garzoncello il core
di vergine speranza e di desio
50balza nel petto; e giá s’accinge all’opra
di questa vita, come a danza o gioco,
il misero mortal. Ma non sí tosto,
Amor, di te m’accorsi, e il viver mio
fortuna avea giá rotto, ed a questi occhi
55non altro convenía che il pianger sempre.
Pur, se talvolta per le piagge apriche,
su la tacita aurora o quando al sole